Programma delle conferenze che si svolgeranno a partire dalle ore 14:00
Per un’introduzione al fenomeno delle imitazioni e delle contraffazioni monetarie: il caso del Mezzogiorno medievale (XI-XIII secolo)
Autore e relatore: RAFFAELE IULA
Il tema delle monete false in epoca medievale ha ricevuto ultimamente particolare attenzione per via dei molteplici spunti di ricerca che esso offre e che possono provenire dall’analisi di vari aspetti: da quelli di ordine tecnico agli altri di ordine giuridico. Essenziale si rivela, quindi, l’approfondimento sia della regolamentazione giuridica legata a tale fenomeno, con un focus sulle pene inflitte ai falsari dalle varie autorità che si sono succedute nel corso della storia del Mezzogiorno medievale, sia delle differenze, a partire dalla definizione, che intercorrono tra falso e imitazione monetaria. Il Medioevo meridionale, infatti, si presta in maniera particolare al raggiungimento di tale scopo, in quanto le imitazioni costituirono una manifestazione della cultura materiale ed economica dell’epoca particolarmente diffusa. Le imitazioni, dunque, potevano rientrare nel novero delle emissioni ufficiali di un’entità statale ufficialmente riconosciuta, mentre i falsi, oltre ad arrecare danno al prestigio e alla credibilità dell’autorità emittente, costituivano una minaccia economica e una piaga politica da contrastare con estrema severità. Per inquadrare praticamente queste problematiche di ordine storico, giuridico e numismatico saranno presi in considerazione alcuni esempi di imitazioni, da una parte, e di falsificazioni, dall’altra, iniziando con le imitazioni dei tarì arabi delle zecche di Amalfi e Salerno e relative evoluzioni, per finire con i falsi di epoca sveva e con l’accusa di “re falsario” che la propaganda pontificia non risparmiò neanche ad un sovrano come Federico II (1198-1250), la cui memoria, invece, gode ancora oggi di un forte carisma storico.

Amalfi. Tarì aureo «de lu grillu», XI secolo (0,90 g. – 18 mm). Collezione privata.
Pietro Giovanni Paolo Cantelmo, duca di Sora, di Alvito e falsario.
Autore e relatore: DAVIDE FABRIZI
Con questo intervento, Davide Fabrizi intende analizzare la figura controversa del duca di Sora e di Alvito, Pietro Giovanni Paolo Cantelmo. Questi fu tra i protagonisti della prima congiura dei baroni, partecipe suo malgrado alla seconda congiura e, nonostante l’avanzata età, fu tra i fautori di una terza congiura poi mai avvenuta. In particolare si mette in evidenza, alla luce di recenti scoperte, la sua attività di “falsario” nel coniare, senza autorizzazione, il bolognino e anticipandone contestualmente la coniazione. Tale moneta è stata da sempre ritenuta battuta durante la prima congiura dei baroni ma, di recente, tale datazione è stata messa in discussione alla luce di nuovi documenti.

Pietro Giovanni Paolo Cantelmo (†1497). Bolognino di 1° tipo (18 mm – 0.70 g.). Collezione privata.
Quando la Rocca di Briona era una zecca clandestina.
Autore e relatore: MARIO LIMIDO
Mario Limido affronta ed approfondisce la storia sviluppatasi intorno alla Rocca di Briona, situata vicino Novara, all’inizio del XVII secolo, quando il maniero fu sede di una zecca clandestina che produsse monete false circolanti essenzialmente in Piemonte. Il protagonista di questa vicenda fu Giovanni Battista Caccia, detto il Caccetta, proprietario della Rocca dal 1597, che si macchiò di molteplici azioni delittuose e che approfittò della situazione di caos monetario di quel periodo per coniare monete false nel Ducato di Milano. L’azione del Caccetta, che forse fu di ispirazione ad Alessandro Manzoni per il suo romanzo I promessi sposi, fu dettata, più che da motivi personali di lucro, dalla necessità di avere fondi sufficienti da utilizzare nella sua guerra personale contro il dominio spagnolo.

Milano. Filippo III d’Asburgo (1598-1621). Ducatone in argento (31,48 g.; 40 mm.). Ex NAC 44, lotto n. 697. Per gentile concessione di Numismatica Ars Classica NAC AG.
Agostino Rivarola e la falsificazione monetaria a Venezia
Autori e relatori: ALBERTO D’ANDREA, UMBERTO MORUZZI
Attraverso un excursus storico-numismatico, teso ad inquadrare il problema della falsificazione monetaria a Venezia sin dal XIII secolo, gli autori focalizzano la loro attenzione sui diversi provvedimenti e sulle pene inflitte dall’autorità nei confronti non solo dei falsari, ma anche verso tutte quelle figure che vi gravitavano attivamente intorno (tosatori e fiancheggiatori vari), che traevano beneficio e lucro da tali attività illecite. La ricerca, snodandosi per tutto il Medioevo e l’età moderna, approda ai primi anni del XVII secolo, epoca in cui lavorò lo zecchiere Giovanni Agostino Rivarola. Egli fu attivo in diverse officine: dapprima a Parma e Massa, per poi passare, dal 1617, a Mirandola, Correggio e Tresana. Grazie ai suoi appoggi, il Rivarola poté imitare, con titolo e peso inferiori ai modelli originali, monete svizzere, olandesi e austriache, particolarmente apprezzate negli scambi internazionali dell’epoca con l’Europa settentrionale. Tuttavia, la plateale falsificazione di monete veneziane e austriache gli costò la pena capitale in contumacia da parte della Repubblica di Venezia nel 1623, a cui si aggiunse la convocazione del tribunale di Vienna (1630), costringendolo alla fuga.

Lowenthaler battuto dal Rivarola a Correggio (1620-1626 circa).
Aurea Libertas. Cento anni di monete d’oro a San Marino
Autore e relatore: ROBERTO GANGANELLI
A partire dai depositi del MFM Museo del Francobollo e della Moneta, dai documenti dell’Archivio di Stato di San Marino e dalla bibliografia verrà ricostruita la complessa genesi delle 10 e 20 lire del 1925, prime monete auree della Serenissima Repubblica. Saranno inoltre svelati la corrispondenza fra il governo sammarinese e la Regia Zecca, i modelli originali dell’artista Melchiorre Fucci e altri dettagli finora sconosciuti.

Modelli in gesso della 20 lire d’oro del 1925
(Foto concessa dall’Archivio di Stato della Repubblica di San Marino).